Crociere Classiche
60 anni fa l’Italia perdeva l’Andrea Doria, la nave più bella del mondo
1122     
  • 5.0
  • 60 anni veniva inghiottita dall’oceano la nave più bella della sua epoca: l’Andrea Doria. Erano quegli anni in cui ci si spostava da un continente all’altro soltanto per mare e i transatlantici, per diventare famosi, dovevano essere grandi, veloci, oppure possedere entrambe queste caratteristiche.

    Ma l’Andrea Doria non ne possedeva nessuna delle due. Il fiore all’occhiello della compagnia Italia di Navigazione, lunga 214 metri e con 15.788 tonnellate di stazza lorda, scompariva accanto alla Queen Elizabeth, che per ben 57 anni fu la nave passeggeri più grande del mondo. Niente da fare neanche per la velocità: in quegli anni nessun transatlantico poteva competere con la United States.

    I punti di forza dell’Andrea Doria erano ben altri, più difficili da misurare: il lusso, il comfort, la sicurezza. Era una delle prime navi ad essere equipaggiate di aria condizionata in tutti gli ambienti, era dotata di tre piscine, una per ogni classe. Per gli interni furono chiamati i migliori architetti italiani dell’epoca, come Gio Ponti, Nino Zoncada, Pulitzer Finali, e i loro bei saloni erano ulteriormente decorati con grandi collezioni di opere d’arte: il loro valore superava il milione di dollari dell’epoca. Con tutte queste lodevoli caratteristiche l’Andrea Doria divenne presto un mito e a bordo si potevano incontrare grandi celebrità, dai divi del cinema ai signori della finanza.

    Erano passati circa 3 anni e mezzo dal suo primo viaggio. Il 25 luglio 1956, stava per concludere la sua centunesima traversata atlantica, diretta a New York. A bordo c’erano 1134 passeggeri e 572 membri dell’equipaggio.

    Quello stesso giorno, da New York, partì un’altra nave passeggeri. Lo Stockholm, lungo 160 metri per 12.165 tonnellate di stazza lorda, con a bordo 534 persone, che procedeva nella direzione opposta, con al comando il capitano Gunnar Nordenson. Ma quella notte era il giovane terzo ufficiale Ernst Johannsen Carstens a governare in plancia.

    Erano passate da poco le 23, gli ultimi minuti di tranquillità a bordo dei due transatlantici, che si avvicinavano sempre di più. L’inferno si scatenò intorno alle 23:10, quando la prua dello Stockholm finì contro la fiancata di dritta dell’Andrea Doria.

    L’impatto fu devastante. Alla nave ammiraglia e orgoglio della marina civile italiana, il transatlantico svedese arrecò un danno enorme, uno squarcio largo 19 metri e alto 22, che spedì immediatamente all’altro mondo 46 passeggeri che soggiornavano nelle loro cabine. A bordo dello Stockholm le vittime furono 6.

    Tra i sopravvissuti, il caso più curioso riguarda la giovane Linda Morgan Hardberger, che dormiva in una cabina esterna dell’Andrea Doria. Il suo letto si incastrò tra le lamiere dello Stockholm, trasbordando, e riuscendo miracolosamente a salvarsi.

    La situazione fu critica sin dal principio. 500 tonnellate di oceano si riversarono rapidamente all’interno dell’elegante transatlantico, facendolo inclinare di circa 15 gradi a dritta.

    Eppure, nonostante la gravissima tragedia che si stava consumando, i momenti di tensione vennero domati egregiamente e le operazioni di soccorso si svolsero con un ordine quasi surreale, grazie soprattutto a tre figure chiave: il comandante Calamai, il suo vice Magagnini, il secondo ufficiale Badano e il medico di bordo Tortori Donati.

    Lo Stockholm non subì per fortuna danni strutturali tali da mettere a rischio la galleggiabilità, e le sue scialuppe riuscirono a trarre in salvo 542 naufraghi.

    Ma ne mancavano ancora tanti da salvare. La fortuna stava però dalla parte dell’Andrea Doria. 44 miglia più avanti, il grande transatlantico Ile de France da 44.500 tonnellate puntava verso il Vecchio Continente. Quella notte il comandante Raoul De Beaudéan venne informato da un’altra imbarcazione di una richiesta di soccorso. Avrebbe anche potuto avanzare, rispettando la sua tabella di marcia. Ma evidentemente l’istinto dell’esperto comandante francese gli stava suggerendo di approfondire la questione. Così, una volta ricevuta la conferma dall’Andrea Doria che avevano bisogno di assistenza urgente, l’Ile de France invertì la rotta per dirigersi a tutta velocità verso l’agonizzante transatlantico italiano. Quando arrivò erano passate da poco l’una e trenta. Per tutta la notte le lance dell’Ile de France fecero la spola tra le due navi, recuperando la maggior parte dei naufraghi, 753 in tutto. Il trasbordo venne completato con l’intervento di altre quattro navi mercantili più altre unità della Guardia Costiera americana.

    Intorno alle 4 del mattino, su tutta l’Andrea Doria ormai pericolosamente inclinata sembrava essere rimasto a bordo solo un piccolo gruppo di persone: lo stato maggiore della nave. In realtà c’era anche un ultimo passeggero, dimenticato ai ponti inferiori, nell’infermeria. Robert Lee Hudson era un ospite americano che dormiva così profondamente da non rendersi conto di quello che era successo nel frattempo. Egli, in qualche modo, riuscì comunque a raggiungere l’esterno e ad aggrapparsi ad una rete da carico, aggrappandosi alla fiancata. E’ lì che lo troverà e lo salverà una scialuppa della petroliera statunitense Robert E. Hopkins.

    L’operazione di soccorso fu un successo. A bordo ormai erano rimasti soltanto gli ufficiali ed anche per loro era arrivato il momento di abbandonare la nave. Salirono tutti quanti sull’ultima lancia, meno il comandante. Calamai restò immobile sull’Andrea Doria, chiedendo agli altri ufficiali di andare via, senza di lui, informandoli che li avrebbe raggiunti più tardi a nuoto. Proabilmente non sarebbe andata così. Forse il comandante, affranto dalla perdita della nave, preferiva scomparire insieme all’Andrea Doria. Soltanto il senso di solidarietà degli altri ufficiali, minacciando di condividere la stessa sorte del comandante, lo convinsero a mettersi in salvo.

    La mattina del 26 luglio 1956, la nave perse infine l’equilibrio precario iniziando ad inabissarsi lentamente con la prua, dirigendosi verso i fondali di Nantucket. Un’elica fu l’ultimo elemento visibile della nave più bella del mondo.

    Poi seguì il lungo processo giudiziario. Da una prima analisi, tutte le ragioni sembravano a favore dell’Andrea Doria: lo Stockholm gli finì letteralmente addosso. Il terzo ufficiale svedese aveva infatti commesso una serie di errori: era fuori dalla rotta prevista, probabilmente per risparmiare tempo e denaro; non aveva considerato la rotta effettiva della nave italiana; il radar era mal tarato, alterando la reale distanza tra le due navi; non avevano avvisato della loro presenza con i previsti segnali acustici.

    Ma dal processo emersero anche responsabilità da parte della compagnia italiana. Dagli accertamenti condotti risultò infatti che l’Andrea Doria non era sufficientemente zavorrata e, di conseguenza, la sua stabilità non rispondeva ai requisiti minimi previsti dal progetto. Le regole infatti prescrivevano che i serbatoi del carburante venissero riempiti progressivamente con acqua di mare per compensare il calo di peso dovuto al consumo di combustibile. Ma si trattava di un’operazione non condivisa dagli armatori perché le norme internazionali vietano lo scarico di acqua sporca in mare e lo smaltimento ha dei costi rilevanti. In condizioni operative normali l’Andrea Doria non avrebbe corso alcun rischio, ma con la falla causata dall’impatto con lo Stockholm la questione era totalmente diversa.

    Il processo si concluse con la colpa di entrambe le parti. Swedish America Line colpevole di aver commesso l’incidente, la Italia di Navigazione colpevole per l’affondamento.

    L’Andrea Doria giace da 60 anni ad una settantina di metri di profondità, al largo della costa di Nantucket. E’ stata presa in considerazione l’ipotesi di poter recuperare il relitto, ma gli alti costi e le difficoltà di successo ne hanno fatto tramontare il progetto.

    I tesori della nave hanno attratto centinaia di sommozzatori, uniti tutti quanti dal desiderio di recuperare i tanti oggetti di valore a bordo. Si contano almeno una dozzina di sub esperti che non sono mai più riemersi.

    Tra i fatti più curiosi pare che, nel luglio del 1981, una scialuppa si sia staccata dal suo alloggio, raggiungendo così la superficie del mare e che, navigando da sola, spinta dalle correnti, sia arrivata fino al porto di New York.

    Oggi, su quel fondale, dell’Andrea Doria rimane ben poco. Poi collasserà e scomparirà nel nulla. Ma la soverchiante forza della natura tutto può tranne che cancellare la memoria collettiva. La ricorderemo per sempre.

    E lo Stockholm che fine ha fatto? Esiste sempre e addirittura naviga ancora. Si chiama Astoria ed è la nave passeggeri più vecchia ancora in servizio. Cruise & Maritime Voyages ha tuttavia annunciato per il 27 aprile 2017 la sua ultima crociera. Per quella data la nave avrà compiuto il suo sessantanovesimo compleanno. Pochissime unità hanno avuto il privilegio di una vita così lunga.

    Dai un voto all'articolo
    Media: 5
    Voti: 2
    PIU' LETTI DI OGGI
    CROCIERE MEDITERRANEO ORIENTALE
    Silver Ray
    Da Fusina a Pireo
    11 notti
    Seven Seas Splendor
    Da Istanbul a Civitavecchia
    24 notti
    Explora I
    Italia, Croazia, Montenegro, Grecia, Turchia
    28 notti
    Seabourn Encore
    Grecia, Italia, Montenegro
    10 notti
    Vista
    Da Trieste a Pireo
    11 notti
    SeaDream I
    Da Istanbul a Venezia
    12 notti
    Le Ponant
    Da Pireo a Dubrovnik
    7 notti
    Wind Surf
    Grecia e Turchia
    10 notti
    Nieuw Statendam
    Da Pireo a Civitavecchia
    28 notti


    Superyacht
    Varata la quarta unità di Mangusta Oceano 44
    26 Marzo 2025 di Redazione Superyacht



    Crociere Contemporanee
    Concluso il viaggio inaugurale di Norwegian Aqua
    28 Marzo 2025 di Redazione Crociere
    Fincantieri consegna Norwegian Aqua
    13 Marzo 2025 di Redazione Crociere



    Megayacht
    Venduta la seconda unità di ISA Classic 65m
    21 Marzo 2025 di Redazione Superyacht