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World City Phoenix, il sogno irrealizzato di Knut Kloster
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E’ stato con la Oasis of the Seas che la cantieristica ha concretizzato il suo passo più estremo in termini di gigantismo navale per il turismo crocieristico.
Si tratta di storia recente, la Oasis of the Seas è stata consegnata soltanto nell’ottobre 2009 e ad oggi non risultano ordini per navi da crociera di dimensioni superiori.
Tuttavia l’ammiraglia di Royal Caribbean, con la sua imponente stazza di oltre 220.000 tonnellate e 360 metri di lunghezza, non avrebbe mai strappato il titolo di più grande nave passeggeri mai costruita se il progetto World City Phoenix si fosse concretizzato.


© Knud E. Hansen

Erano i primi anni 80 e in quel periodo le meganavi non avevano ancora fatto la loro comparsa. Ma Knut Kloster, il magnate norvegese delle crociere, co-fondatore della Norwegian Caribbean Line, oggi conosciuta come Norwegian Cruise Line, aveva grandi idee futuristiche e così nel 1983 cominciò a lavorare sul progetto World City Phoenix.
All’epoca la più grande nave passeggeri era la Norway, che non arrivava a 70.000 tonnellate, mentre World City Phoenix puntava a numeri impressionanti perfino ai giorni nostri. Una stazza lorda di 250.000 tonnellate sviluppate su una lunghezza di 380 metri e una larghezza di 77, alta 21 ponti, per una capienza di 5.200 ospiti e circa 2.600 membri di equipaggio.

Il progetto puntava comunque a realizzare un prodotto con caratteristiche superiori a quella di una convenzionale nave da crociera. Il sogno di Kloster era quello di fondare una vera e propria cosmopolita città galleggiante sul mare che offrisse intrattenimento, cultura e lavoro.
Le aree pubbliche si dovevano sviluppare su tre ponti, con una spaziosa area centrale alloggiata nello scafo. Le sistemazioni per gli ospiti prevedevano prevalentemente cabine esterne, dislocate in tre torri che si elevavano dal ponte principale, sul quale sarebbero dovute sorgere un’ampia gamma di locali: bar e caffé, 13 ristoranti, 30 negozi e boutique, gallerie d’arte, spa e centro benessere, 6 piscine, una pista da jogging da 800 metri, un teatro da 2.000 posti, un casinò, un luogo di culto, una biblioteca, un museo, un planetario, studi per produzioni artistiche, televisive e musicali, un campus universitario, una struttura ospedaliera, eliporto e oltre 8.500 metri quadrati di spazio per convegni, conferenze ed esposizioni.
C’era anche spazio per un villaggio giapponese, 300 cabine dedicate alla clientela nipponica, completo di case per il tè.
Il progetto prevedeva inoltre una marina per accogliere quattro grandi tender da 400 passeggeri ciascuno, da utilizzare per i trasferimenti veloci sulla terraferma, dal momento che le dimensioni della World City Phoenix non avrebbero permesso di attraccare in tutti i porti.
Completavano i dettagli del progetto gli standard della nave che dovevano essere i più alti in termini di sicurezza, stabilità e rispetto dell’ambiente.

La propulsione era diesel-elettrica, alimentata da due motori principali da 20 MW per asse, più otto generatori diesel da 9.600 kW ciascuno. Le due eliche a passo variabile avrebbero dovuto avere un diametro di 7 metri. Per aggiungere maggiore manovrabilità l’ipotesi era quella di aggiungere quattro bow thruster da 2.500 kW e altrettanti stern thruster della medesima potenza.

Secondo una stima degli analisti, i costi per la costruzione della nave dovevano aggirarsi tra gli 800 milioni e gli 1,2 miliardi di dollari.
Knut Kloster definì la World City Phoenix come “la più grande e straordinaria nave passeggeri della terra, un resort di qualità, una favolosa destinazione, un eccellente centro per congressi e affari.”
Il progetto venne affidato all’architetto navale Tage Wandborg della Knud E. Hansen di Copenhagen, progettista di numerose navi da crociera e di conversioni navali tra cui anche la Norway posseduta da Kloster.

Le difficoltà progettuali, gli elevati costi per la sua realizzazione e i rischi dell’investimento hanno tuttavia lasciato la World City Phoenix soltanto un progetto disegnato su carta, rilanciato successivamente varie volte e costato complessivamente a Kloster 34 milioni di dollari.
Nel 1996 la Westin Hotels & Resorts si mostrò interessata a riprendere il progetto, sotto il nome di America World City. Ma, ancora una volta, le dimensioni, la complessità e i rischi dell’investimento non hanno permesso di raggiungere un accordo con i finanziatori, allontanando nuovamente le probabilità di una prossima realizzazione della futuristica meganave di Kloster.






Fonte: Knud E. Hansen
Rendering: Knud E. Hansen

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